Youtube (video correlati)
Buone notizie
- Peter Hocken
Il 10.06.2017 il Signore ha richiamato a sé nella notte padre Peter Hocken. All’età di 85 anni non compiuti se n’è andato un amico, un sacerdote, una persona sempre intenta a servire il Signore e il Suo corpo mistico. Dio gli ha donato un intelletto straordinario e una grande saggezza, insieme all’esperienza del battesimo nello Spirito Santo. È stato in grado di descrivere in maniera comprensibile e specifica le esperienze teologiche e spirituali della Chiesa di oggi, specie dopo il Concilio Vaticano II. - Kara Tippettsová
- Liu Žen jing - (brat Yun)
La Chiesa sotterranea cinese è sottoposta ad una crudele repressione e persecuzione anche in questi giorni. Yun sostiene che anche grazie alla persecuzione ormai più che trentennale, alla sofferenza e alle torture, oggigiorno i fedeli della Chiesa sotterranea cinese sono sempre più pronti a sacrificare la vita nei paesi musulmani, induisti o buddisti, per Gesù Cristo e per l'annuncio del Vangelo. - Egidio Bullesi
Intanto a 13 anni prese a lavorare come carpentiere nell’arsenale di Pola, dove nonostante la giovane età, si fece notare per la coraggiosa pratica della sua fede cattolica, specie in quell’ambiente di affermato socialismo, meritandosi comunque l’ammirazione e la stima di tutti.
Video
Siamo tutti parte di una grande storia. La grande storia del mondo è composto di storie passate e presenti della vita delle singole persone. Il portale mojpribeh.sk si concentra sul momento più importante della storia del mondo e individuale, il momento della personale esperienza di persona con Dio.
Storia - Prof. Štefan Šmálik
Testimonianza di Cristo e barbarie comunista
Sacerdote cattolico, guida spirituale, storico e dissidente.
Per saperne di più: smalik.szm.com
Durante i festeggiamenti del suo 80° compleanno ringraziava il Signore e pregava affinché venisse esaudito il desiderio del salmista:
“Quelli che sono piantati nella casa del Signore fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia; saranno pieni di vigore e verdeggianti, per annunciare che il Signore è giusto; egli è la mia rocca, e non v'è ingiustizia in lui.“ (Salmo 92, 14 – 16)
Attorno a noi girano anche persone discrete, che parlano poco, umili. A parlare per loro sono il lavoro, gli atti e le opere. A questa categoria apparteneva anche il sacerdote Štefan Šmálik. Da giovanissimo fece esperienza della crudeltà della Prima Guerra Mondiale e delle sue conseguenze. Seguì poi la Seconda che ferì ancora di più la sua profonda e sensibile anima umana. Sacerdote colto e influenzato dalla cultura francese, visse di persona il passaggio del fronte. Oltre agli obblighi di sacerdote e all’amore per il lavoro con i giovani, era affascinato dalla storia della Slovacchia e dalla lingua russa. Con l’avvento del potere comunista a causa delle sue attività fu inviso ai nuovi governanti e vittima di persecuzioni.
Ecco un breve estratto dei suoi ricordi: Durante l’anno scolastico 1950/51 continuavo ad insegnare religione a Bratislava. La gioventù universitaria era alla ricerca di sacerdoti che tenessero lezioni. Gli studenti (tra cui Staríček, Jukl, Porubský e altri) iniziarono ad incontrarsi nel mio appartamento dove si chiarivano problemi teologici e si studiava sistematicamente l'Antico Testamento. Gli studenti erano in contatto con colleghi ed altri sacerdoti di Praga e Brno. Queste innocenti riunioni religiose erano però considerate come avverse agli interessi dello Stato e pertanto oggetto di indagini da parte della Sicurezza di Stato (STB). Qualsiasi contatto con il Vaticano era considerato alto tradimento. Il 28 settembre 1951, a Bratislava, alcuni membri della STB fecero irruzione nel mio appartamento, lo perquisirono e mi arrestarono.
Mi fecero girare ben sette carceri (Bratislava, Praga–Ruzyně, Bratislava, Mirov, Jachymov, Leopoldov, Valdice). Se volessi provare a descrivere le condizioni di prigionia mi esprimerei così: terribilmente malvagie, brutte, pessime, cattive, non buone, pericolose, insopportabili, inumane. Il regime era straordinariamente rigido. In cella bisognava per forza camminare o altrimenti se si stava seduti, bisognava dimostrare che si stava svolgendo una qualche attività e che non si dormiva. I secondini osservavano i detenuti attraverso l’apposito foro ogni due minuti. Il secondino era a sua volta sorvegliato da un’altra guardia. Si era oppressi dalla fame. Al mattino poco pane con qualcosa di caldo da bere. Una specie di surrogato di caffè. A pranzo solo zuppa, o più che altro acqua... E a cena porzioni misere. Solo a volte ci veniva servito qualche pezzetto di carne. Tra mezzanotte e le cinque, nel sonno, bisognava avere le mani sopra la coperta in modo tale che fossero visibili. Se le si abbassava si veniva immediatamente svegliati. Fui costretto a ripiegare la coperta e dormire per diverso tempo senza. Gli interrogatori erano rigidissimi, spesso anche di notte. Scrivevano verbali a non finire e poi ci chiedevano di firmarli. Se ci rifiutavamo venivamo minacciati e picchiati. Durante gli interrogatori però il peggio non era la fame o le botte, ma la paura di tradire un amico o di fare qualche passo falso. In quel caso era sicuro che da lì a poco avrebbero arrestato la data persona e l'avrebbero sottoposta a simili tormenti. Ecco cos’era la sofferenza peggiore.
Il 26 aprile 1954, dopo il processo Husák e Novomestský, fummo processati anche noi, i cosiddetti membri del gruppo dei guastatori dell'Azione Cattolica vaticana. In questo gruppetto furono inclusi anche coloro che contribuirono a nascondere il dottor Štefan Nahálka e il dottor Botek. Eravamo in 24. Al gruppo era stato attribuito questo nome: Staríček e compagni. Eravamo cinque sacerdoti e poi altri assistenti di facoltà, studenti, insegnanti, funzionari ed altri.
Le accuse contro di me erano spionaggio e alto tradimento. L’alto tradimento consisteva nell’aver guidato circoli religiosi considerati pericolosi per lo Stato. Quanto invece allo spionaggio, ero accusato di aver tentato di inviare informazioni al Vaticano sulle condizioni della Chiesa nel nostro Paese. A tutto questo aggiunsero poi il capo accusatorio di vilipendio all'Unione Sovietica, dato che avevo tradotto un articolo intitolato Antireligioznaja propaganda pubblicato sulla Grande Enciclopedia Sovietica. Il tribunale sosteneva ardentemente la tesi secondo cui l’Azione cattolica era considerata un elemento deteriorante. Fui condannato a 13 anni di carcere. Al processo furono presenti anche i miei genitori. Quando mio padre ascoltò la sentenza urlò ad alta voce che non sarebbe vissuto a lungo per rivedermi libero.
V Mirove som našiel mnoho kňazov, tak som prejavil veľkú radosť. Dozorcovi sa nepozdávala moja veselosť. Dal ma na na tri dni do korekcie. Korekcia znamenala, že dva dni sa smelo jesť len veľmi málo a byť v chladnej miestnosti. Dozorcovia najviac zúrili, keď boli nejaké sviatky. Prenášali sme napr. ťažké brvna z jedného miesta na druhé. Mali z toho sadistickú radosť.
Nel carcere di Mirov trovai diversi sacerdoti e mi fece piacere. Una guardia però non riusciva a capacitarsi della mia contentezza. Mi diedero tre giorni di misure correttive (cibo limitatissimo per due giorni e reclusione in una camera freddissima). Quello che faceva più rabbia alle guardie erano i giorni di festa religiosi. Ci facevano trasportare travi pesantissime da una stanza all'altra e si divertivano sadisticamente.Nel campo di lavoro di Jáchymov si raccoglieva l’uranio estratto dalle vicine miniere. I massi di uranio venivano tritati in una torre, chiamata la torre della morte, per via delle forti radiazioni cui erano esposti quelli che ci lavoravano. L’uranio in polvere veniva poi raccolto in contenitori di latta e posto su un trenino che lo portava dritto in Unione Sovietica. Anche qui mi fecero lavorare. Il lavoro era pericoloso per via dell’esposizione alle radiazioni dell’uranio. In questo carcere c'era un grande campo di lavoro chiamato LK, con una sezione in cui erano rinchiusi circa 150 sacerdoti (la metà dell’intero penitenziario).
A Leopoldov le condizioni erano relativamente mitigate. Dopo gli eventi d’Ungheria ci trasferirono in un edificio dove prima c'erano gli appartamenti dei secondini. Lo chiamavano Vaticano. C'erano 6 stanze. In ciascuna di esse 22 sacerdoti. Nel 1960 ci fu una grande amnistia anche per i sacerdoti. Più di metà fu rimandata a casa. Noi invece fummo trasferiti a Valdice, non lontano dalla città di Jičín.
A Valdice incontrai il vescovo Vojtaššák. Era giunto lì dal carcere di Ilava con una misura punitiva di dieci giorni, poiché si permise di aggiungere note di verità in un libro che parlava di lui. Gli davano da mangiare un giorno su tre. Per protesta iniziò uno sciopero della fame. Al terzo giorno, dato che il detenuto rifiutava di assumere cibo, giunsero sia la guardia che il medico. Avevano una specie di prodotto nutritivo artificiale e volevano introdurglielo con la forza nello stomaco servendosi di un'apposita pompetta. Il malcapitato allora dichiarò che avrebbe mangiato da solo. Ma fu colpito da una forma diarroica e quindi in ogni modo non poté fagocitare nulla. Questa persona anziana di ottant'anni fu tormentata anche in altre maniere. Qui incontrai molte personalità importanti, tra cui il vescovo segretamente ordinato Ján Korec.
Il 9 maggio 1962 vi fu una grande amnistia. Riguardava anche i sacerdoti, dato che Giovanni XXIII aveva sottoscritto un accordo facendosi da garante per il nostro Paese nell'acquisto di frumento canadese. Una delle condizioni era il rilascio dei sacerdoti dalle carceri. Così dopo dieci anni, sette mesi e due settimane fui finalmente rimesso in libertà. Lungo la strada attorno alla città di Hradec Králove scorsi l'arcobaleno e capii che non sarei mai più tornato ad essere prigioniero.
Hanno scritto di Štefan Šmálik
Cardinal Ján Chrizostom Korec :
In che razza di bestie feroci si trasformarono alcuni slovacchi quando durante il comunismo indossarono i panni di ispettori, poliziotti o guardie... Terribile... Svegliavano il povero Šmálik diverse volte nel corso della notte e lo conducevano dal suo referente. Non faceva a tempo a tornare in cella e riprendere sonno che di nuovo lo svegliavano e lo conducevano dal suo referente. Da mangiare c’era ben poco e la debolezza aumentava... Lo rinchiusero nelle segrete, al buio più assoluto, senza una sedia, senza materasso, senz’acqua... Si facevano beffe di lui chiedendogli come stava... Dopo qualche giorno lo condussero di nuovo dal suo referente. Non diceva però quello che loro si aspettavano, e così si ritrovava di nuovo sotto terra. “Lei inizierà a cedere”, gli gridavano. Il Prof. Šmálik mi disse personalmente “a momenti pensavo di essere impazzito, specie in quel buio... Sono stato circa tre anni sotto investigazione... Improvvisamente realizzai che parlavo ad alta voce con me stesso... Ma grazie a Dio ho resistito...“ Per me il Prof. Štefan Šmálik resta un grande personaggio della storia della Slovacchia. E sempre sacerdote. br>
František Tondra, vescovo della diocesi di Spiš:
Era una persona molto umile e non si lamentava mai di niente. Non parlava mai della sua sofferenza in carcere. Pose la sua sofferenza sull’altare della libertà della Chiesa in Slovacchia. Una volta al mese digiunava per l'intera giornata. Le generazioni di mezzo e quelle più anziane di sacerdoti, e ovviamente anche i parrocchiani di quelle parrocchie dove operò, lo conoscevano come un sacerdote straordinario, pastore delle anime premuroso e consigliere spirituale saggio. Tutta la Slovacchia l’ha conosciuto come uno storico della Chiesa che si è dedicato in particolare alla storia locale ma anche al passato più antico della Slovacchia. Era sempre interessante incontrarsi con lui poiché non parlava a vanvera, ma trovava sempre temi di valori, prevalentemente storici.
Andrej Imrich, vescovo ausiliario della diocesi di Spiš::
Lo incontrai per la prima volta quand’ero ancora seminarista e lui era parroco a Tvrdošín. Aveva un fisico prestante, alto, portava gli occhiali, con un po’ di gobba, non tanto per gli anni ma per la sofferenza patita in tutti quegli anni. Quest'uomo all'apparenza pavido non si era lasciato piegare dalle investigazioni e dai processi falsati e neppure dalle durissime condizioni di prigionia. Fu arrestato per il puro fatto di essere sacerdote e rimase fedele alla Chiesa. Non si lamentava mai del fatto che qualcuno gli aveva tolto gli anni più belli della vita. Attraverso la sua sofferenza voleva glorificare Dio.
Štefan Koma, ex parroco di Liesek:
Nel dicembre 1970 ero cappellano a Bobrovec. La parrocchia vicina di Liptovský Trnovec era sotto l'amministrazione del parroco Štefan Šmálik. L’edificio della casa canonica era di pietra, scuro e umido, ma lui non si lamentava... Ero sorpreso perché collaborava con il fratello pastore luterano, Torok, anch’egli acceso dal pensiero dell’ecumenismo come presentato dal Concilio. In seguito mi trasferirono a Liesek, mentre Šmálik passò a Tvrdošín. Ci confessavamo a vicenda e rinnovammo anche la consacrazione sacerdotale al Cuore Immacolato di Maria. “...Prometto fedeltà al Vangelo. Saremo suo fedeli e coraggiosi predicatori fino alla testimonianza della croce, se dovesse essere necessario...“ Anche quando lo inviarono a Oravský Biely Potok non cessammo di rimanere in contatto. Una volta, poco prima di Natale, andammo a fargli gli auguri. Ci ospitò ma rimase del tutto senza mangiare e bere. Perché? Alla fine ce lo disse: “Un secondino sadico lo tormentò durante la prigionia costringendolo a svestirsi e a piegarsi per poi dargli botte dappertutto. Quando per il dolore svenne, gli buttò un secchio d'acqua addosso e continuò. Molti prigionieri di fronte a questa tortura preferivano la morte. Io però feci una promessa. Se mi trasferiscono ad un altro blocco con un’altra guardia, starò un giorno al mese senza mangiare e bere. Il giorno seguente fui trasferito.“ E mantenne la sua promessa fino alla morte.
RNDr. Vladimír Jukl, sacerdote:
Padre Šmálik era un modello di uomo spirituale, viveva con lo spirito in cielo ma con le gambe ben a terra. Era cordiale ed ospitale con chi gli rendeva visita. Chi voleva, poteva passare la notte a casa sua o soltanto riposarsi... Ricordo che prima del suo arresto a Bratislava, nell’ambito dell’apostolato laico – allora già Azione Cattolica illegale – organizzai due gruppi di giovani cattolici diretti spiritualmente e teologicamente proprio da padre Šmálik.
MUDr. Silvester Krčméry
Šmálik faceva parte della famiglia del nostro grande maestro e guida spirituale carismatica, professor Kolaković, dove era conosciuto come Laco, nome appositamente scelto, come in una regola. La sua grande passione non era un hobby fine a se stesso. La sua opera "Il Popolo di Dio in cammino" edita ancor in epoca socialista come esemplare unico dal titolo “La Chiesa alla 49° generazione” pone l’accento sulle correnti spirituali, lo sviluppo degli ordini e delle missioni, profili di santi e martiri. Si tratta ancor oggi di un'opera viva e piena di significato. Estratto dal libro: Glosse dalla vita di Štefan Šmálik Elaborato da: RNDr. Jozef Kušnier
Ultime
- Milan Tószegi
Non l’ho ancora visto ma ho creduto nella Sua parola - Elizabeth Ozdincová
Se non vivi sull’orlo, vuol dire che stai occupando troppo spazio - Peter Gombita
Il mio racconto di fede in Dio - Janka Pisarovičová
- Viera Prokopcová
Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia
A caso
- Rick Warren
La vita è preparazione all'eternità - Pavol Hucík
- Júlia Demjanová
Nascondevo la mia solitudine dietro il sorriso - Viera Prokopcová
Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia - Catherine Ndberebová
La fonte della forza
Totale: 66 storie in questa lingua.
Insieme 516 in tutte le lingue. Per modificare la lingua si prega di cliccare su una delle bandiere.
Interviste
- Petr Jašek
Nell’intervista Petr Jašek racconta le sue esperienze a sostegno dei cristiani perseguitati nel mondo, la sua prigionia in Sudan, i buoni musulmani e le torture dell’ISIS, 4 mesi in cella d’isolamento, e il suo interessante punto di vista sull’Islam, l’orientamento spirituale dell’Europa, l’opinione dei musulmani sulla crisi migratoria e sull’Europa, e infine il suo messaggio e invito all’umanità. - Ján Volko
Credo che sia un ruolo davvero significativo. La fede in Dio mi sostiene nei momenti più duri ed anche nelle gare. Sento come Dio mi fa dono della Sua grazia e benedizione; e questo mi carica enormemente.