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Buone notizie
- Peter Hocken
Il 10.06.2017 il Signore ha richiamato a sé nella notte padre Peter Hocken. All’età di 85 anni non compiuti se n’è andato un amico, un sacerdote, una persona sempre intenta a servire il Signore e il Suo corpo mistico. Dio gli ha donato un intelletto straordinario e una grande saggezza, insieme all’esperienza del battesimo nello Spirito Santo. È stato in grado di descrivere in maniera comprensibile e specifica le esperienze teologiche e spirituali della Chiesa di oggi, specie dopo il Concilio Vaticano II. - Kara Tippettsová
- Liu Žen jing - (brat Yun)
La Chiesa sotterranea cinese è sottoposta ad una crudele repressione e persecuzione anche in questi giorni. Yun sostiene che anche grazie alla persecuzione ormai più che trentennale, alla sofferenza e alle torture, oggigiorno i fedeli della Chiesa sotterranea cinese sono sempre più pronti a sacrificare la vita nei paesi musulmani, induisti o buddisti, per Gesù Cristo e per l'annuncio del Vangelo. - Egidio Bullesi
Intanto a 13 anni prese a lavorare come carpentiere nell’arsenale di Pola, dove nonostante la giovane età, si fece notare per la coraggiosa pratica della sua fede cattolica, specie in quell’ambiente di affermato socialismo, meritandosi comunque l’ammirazione e la stima di tutti.
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Siamo tutti parte di una grande storia. La grande storia del mondo è composto di storie passate e presenti della vita delle singole persone. Il portale mojpribeh.sk si concentra sul momento più importante della storia del mondo e individuale, il momento della personale esperienza di persona con Dio.
Storia - Elizabeth Ozdincová
Se non vivi sull’orlo, vuol dire che stai occupando troppo spazio
Una donna senza cittadinanza, con radici in Slovacchia e una vita sempre sull’orlo. Elizabeth Ozdincová, insieme a suo marito ha 7 figli e 12 nipoti, e vive da 47 anni in Israele
Sono nata a Ludwigsburg in Germania, dopo che i miei genitori scapparono dall’allora Cecoslovacchia nel 1948.
Dopo la guerra mio padre ricopriva un’importante carica di funzionario nel Partito Democratico. Dopo la presa del potere da parte dei comunisti, la sua vita fu subito in pericolo. Così fuggimmo in Germania ed io nacqui in un campo profughi.
Ero la seconda figlia, e prima di me c’era allora mio fratello di due anni, che però era rimasto dai nonni in Slovacchia, a Lučenec. I miei genitori ritennero pericoloso portarlo con sé, poiché la loro fuga dalla Cecoslovacchia non fu delle più semplici e temevano che al piccolo potesse succedere qualcosa. Partirono dunque senza di lui, sperando che prima o poi – quando le acque si sarebbero calmate – avrebbero potuto provvedere a farlo venire da loro.
Dopo un po’ i miei genitori riuscirono a raggiungere l’America e fu loro concessa anche la cittadinanza. Io avevo allora 16 anni. Da adolescente ero una vera ribelle e mi interessavano tutt’altre cose. Chi ci ha mai pensato alla cittadinanza... È vero che quando andammo in Israele avevo un passaporto americano, ma di ritorno negli USA persi la possibilità di ottenere la cittadinanza. Attualmente sono titolare di passaporto americano.
La mia famiglia era cristiana. Papà e mamma erano credenti fin da piccoli, ma non avevano vissuto l’esperienza del rapporto personale con il Signore Gesù e il loro cristianesimo era piuttosto formale e legato alle tradizioni. Solo nel campo profughi in Germania furono come rinati e decisero di affidare tutta la loro esistenza a Dio, vivere per Lui, lasciarsi condurre in tutto ciò che avrebbero fatto e in tutte le loro decisioni.
Eravamo una tipica famiglia dell’Europa orientale trasferitasi in America. Io pensavo solo ad integrarmi, a perdermi nella massa e apparire come una tipica ragazza americana, tutta libera e indipendente. I miei genitori tendevano invece a restare molto “europei”.
Mi imponevano tante regole e divieti e ovviamente a me la cosa non garbava. Volevo fare a modo mio, fuggire di casa e viaggiare.
A 18 anni ebbi l’occasione di recarmi in Israele in aereo. Vi rimasi 10 giorni e me ne innamorai. Era appena finita la Guerra dei 6 giorni. Io e lo Stato d’Israele avevamo la stessa età: 18 anni. Quasi tutti i soldati israeliani avevano 18 anni… Erano tempi particolari. Il paese viveva una situazione di allegria ed entusiasmo generale per la vittoria che Dio gli aveva concesso. In sei giorni erano riusciti a sconfiggere tutti i paesi vicini aggressori. Mi innamorai di quella terra ed ero intenzionata a restarci. Mi piaceva l’adrenalina di quella vita con tutte quelle difficoltà e rischi; insomma una vita sempre sull’orlo. Era un po’ il mio credo – che avevo allora e che continuo ad avere oggi – se non vivi una vita sull’orlo, vuol dire che stai occupando troppo spazio. Israele era anche un bellissimo paese. Qui si può davvero ammirare ciò che Dio ha fatto per gli uomini. Decisi di rimanere e dopo un po’ incontrai anche l’uomo della mia vita. Ci innamorammo l’uno dell’altro e dopo un anno eravamo già sposati. Oggi viviamo qui da 47 anni.
Il mio cammino di fede è stato diverso da quello dei miei genitori. Hanno cercato sempre di educarmi secondo lo spirito cristiano, ma – come spesso si dice – Dio non ha nipoti e tutti siamo destinati a trovare il nostro proprio cammino nella fede, verso Dio.
Il mio racconto è pieno di ribellione e rabbia, anche verso la Chiesa e verso tutto ciò che non mi garbava. Odiavo alcuni aspetti fariseici che purtroppo si diffondevano e moltiplicavano in certi ambienti, e non ero la sola figlia di famiglie di fedeli a ribellarmi. Anzi sono stata una dei tanti di una folta generazione di bambini ribelli.
Ecco perché fuggii dall’America in Israele, per stare alla larga dalla vita religiosa.
Sfortunatamente, o fortunatamente , quando ci siamo conosciuti mio marito lavorava in Israele – nella Chiesa. Quando ci sposammo ricordo che vivevo un forte conflitto interiore: Voglio essere parte attiva di tutto ciò o vivere la mia vita? Decidemmo di sposarci a Chicago e in viaggio di nozze passammo per l‘Europa. Visitammo anche la Cecoslovacchia, dove incontrai per la prima volta parenti mai visti prima. Che bei momenti... Conobbi tutti i miei zii, zie, cugine e cugine che abitavano a Martin, Lučenec e Mučín. Poi ripartimmo in macchina. Mi misi io al volante, pur con tutta la stanchezza e le emozioni vissute. Pensavo ai miei parenti, appena conosciuti e subito lasciati. Pensavo al nostro futuro e mi dicevo: “mio marito lavorerà nella Chiesa e io mi cercherò un gruppo rock dove cantare e suonare.” Mentre tutte quelle cose mi frullavano per la mente, non mi accorsi che sul ponte c’era un curvone e l’urto fu tale che sfondammo il guard-rail e precipitammo giù. Non ho mai saputo per quanto tempo e da quale altezza cademmo giù. Era appena passata mezzanotte. C’era un buio pesto dappertutto. Ricordo che ebbi questo pensiero: O mio Dio, se devo incontrarmi ora con Te, non sono pronta. Mi restava solo da sperare che quel poco di bene da me fatto fosse comunque più sostanzioso del male e che avrei resistito davanti al giudizio di Dio.
Mi risvegliai in una cunetta, anzi era il letto senz’acqua d’un fiumiciattolo. La vettura aveva urtato una roccia e s’era ribaltata. Io non portavo la cintura ed ero letteralmente fuoriuscita dal finestrino. Avevo una gamba rotta e il capo insanguinato.
Capii subito che non era una coincidenza – ero ancora viva, sulla Terra, sorretta da Dio e dalla Sua volontà. Ero come sopraffatta da una forza d’amore infinita, Dio – ed ero consapevole che m’aveva lasciata in vita per evitare la mia dannazione e perché potessi un giorno giungere fino a Lui.
Mi resi subito conto che Dio mi stava dando una seconda opportunità di vita. Era l’inizio del mio “rientro” e la fine della mia “ribellione”.
L’entusiasmo era sempre lo stesso, ma ora tutto per il Signore della mia vita, cui decisi di affidare ogni cosa.
Chiesi più volte a Dio: mi hai lasciato in vita, e ora cosa devo fare? Cosa vuoi che io faccia? E così, nella vita quotidiana, iniziai a percepire la sua guida, le sue cure e la sua bontà.
Ebbi, per esempio, un aneurisma delle arterie cerebrali e sopravvissi senza alcuna conseguenza. Era un altro miracolo di Dio, un’altra possibilità di vita.
Credo che Dio voglia che noi Lo conosciamo così com’è, che Lo lodiamo e che siamo aperti a qualsiasi cosa Egli apporti nelle nostre vite. La vita con Lui è diventata per me meravigliosa e avventurosa.
Insieme a mio marito abbiamo dato vita a 7 figli, tutti a Gerusalemme, dove a tutt’oggi viviamo e lavoriamo. Oggi vivono qui anche quattro dei nostri figli, mentre altri sono in Africa e in Italia. Ciò che conta è che tutti amano il Signore e lavorano per organizzazioni cristiane.
Insieme a mio marito abbiamo iniziato il nostro ministero in Israele a beneficio di entrambi i popoli – ebrei e arabi.
Abbiamo creato la Cornerstone foundation per finanziare diverse attività di beneficienza per persone bisognose. Non facciamo proselitismo commerciale, ma aiutiamo chiunque e ovunque vi sia bisogno di un sostegno. Abbiamo così un’occasione fantastica di servire tutti senza differenze e di essere operatori di pace nel mondo. Arrivano qui, per esempio, bambini dall’Iraq o dalla Giordania e altri paesi islamici che hanno bisogno di trapianti di cuore. La medicina qui in Israele è ad alto livello. I medici israeliani salvano la vita di molti bambini di tutto il mondo con vari trapianti; e tutto ciò ha enormi impatti sulle famiglie. Sono in molti a tornare in patria con tutt’altra idea sullo Stato di Israele – l’esatto contrario delle bugie diffuse dai mass-media e dalla propaganda anti-israeliana. Quando tornano a casa, raccontano la loro esperienza positiva in Israele e spiegano come i medici e il personale sanitario si prendono cura di loro. Diventano piccoli ambasciatori di Israele nei propri paesi. E a tutto questo contribuiamo anche noi, poiché il nostro compito è quello di raccogliere e fornire finanziamenti per trapianti difficoltosi che, in altra maniera, le famiglie non riuscirebbero a pagare.
In tutti questi miei anni di vita in questo paese mi rendo conto di come tante persone vivano una situazione priva di speranze di miglioramento. Molte persone però continuano a credere e a sperare – e questo anche grazie ai cristiani che giungono qui da tanti paesi per invocare benedizioni su Israele e per esprimere il loro amore verso questo paese.
La gente qui in Israele è toccata dall’amore di migliaia di persone di tutto il mondo. Per coloro che abitano in Israele è assai motivante sapere che vi sono persone in tutto il mondo che pregano per loro e che li sostengono in diverse maniere – Dio infatti non li ha abbandonati e ha un grande piano per tutti loro.
Mi piace la vita in Israele. È il fulcro del mondo. Tutti ci guardano e sono certa che Dio abbia un piano particolare per Israele e che abbiamo ancora da vedere cose meravigliose.
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Nell’intervista Petr Jašek racconta le sue esperienze a sostegno dei cristiani perseguitati nel mondo, la sua prigionia in Sudan, i buoni musulmani e le torture dell’ISIS, 4 mesi in cella d’isolamento, e il suo interessante punto di vista sull’Islam, l’orientamento spirituale dell’Europa, l’opinione dei musulmani sulla crisi migratoria e sull’Europa, e infine il suo messaggio e invito all’umanità. - Ján Volko
Credo che sia un ruolo davvero significativo. La fede in Dio mi sostiene nei momenti più duri ed anche nelle gare. Sento come Dio mi fa dono della Sua grazia e benedizione; e questo mi carica enormemente.