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Buone notizie

  • Peter Hocken
    Il 10.06.2017 il Signore ha richiamato a sé nella notte padre Peter Hocken. All’età di 85 anni non compiuti se n’è andato un amico, un sacerdote, una persona sempre intenta a servire il Signore e il Suo corpo mistico. Dio gli ha donato un intelletto straordinario e una grande saggezza, insieme all’esperienza del battesimo nello Spirito Santo. È stato in grado di descrivere in maniera comprensibile e specifica le esperienze teologiche e spirituali della Chiesa di oggi, specie dopo il Concilio Vaticano II.
    2017-06-11
  • Kara Tippettsová

    2014-10-30
  • Liu Žen jing - (brat Yun)
    La Chiesa sotterranea cinese è sottoposta ad una crudele repressione e persecuzione anche in questi giorni. Yun sostiene che anche grazie alla persecuzione ormai più che trentennale, alla sofferenza e alle torture, oggigiorno i fedeli della Chiesa sotterranea cinese sono sempre più pronti a sacrificare la vita nei paesi musulmani, induisti o buddisti, per Gesù Cristo e per l'annuncio del Vangelo.
    2012-12-31
  • Egidio Bullesi
    Intanto a 13 anni prese a lavorare come carpentiere nell’arsenale di Pola, dove nonostante la giovane età, si fece notare per la coraggiosa pratica della sua fede cattolica, specie in quell’ambiente di affermato socialismo, meritandosi comunque l’ammirazione e la stima di tutti.
    2011-09-26

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Siamo tutti parte di una grande storia. La grande storia del mondo è composto di storie passate e presenti della vita delle singole persone. Il portale mojpribeh.sk si concentra sul momento più importante della storia del mondo e individuale, il momento della personale esperienza di persona con Dio.

Storia - František Mikloško
La mia storia di fede

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RNDr. František Mikloško è un politico slovacco, ex deputato del Parlamento della Repubblica Slovacca. Nel 1971 si è laureato in matematica presso la Facoltà di Scienze Naturali dell’Università Comenio a Bratislava. Tra il 1971 e il 1983 ha lavorato presso l’Istituto di Cibernetica Tecnica dell’Accademia delle Scienze Slovacca nel campo della matematica numerica. Tra il 1983 e il 1989 ha invece lavorato come operaio. Prima del 1989 è stato dissidente e attivista di quella che era allora chiamata Chiesa segreta. È stato uno degli organizzatori del Venerdì Santo di Bratislava, una celebre manifestazione pacifica di fedeli in nome della libertà religiosa e civile, tenutasi nel 1988 e nota anche come “Manifestazione delle Candele”. Nel 2008 è stato candidato alla carica di presidente della Repubblica Slovacca. Oggi è un personaggio assai celebre nel proprio paese e non ha mai smesso di adoperarsi per il bene comune della società e per la vita spirituale in Slovacchia.

La conversione di Saulo (San Paolo) lungo la via di Damasco, il sogno dell’imperatore Costantino con la visione della croce vittoriosa, l’incontro di San Francesco d’Assisi con il lebbroso e l’abbraccio dell’infermo alla discesa dal cavallo – segno di apertura totale alla libertà di questo grande santo della Chiesa. Nella mia vita non v’è nulla di tutto ciò.

 

L’infanzia e i primi anni giovanili creano una sorta di background interno nell’uomo.

Così anche se nella vita si trovasse ad uscire fuori strada, alla fine saprà sempre come rimettersi sulla carreggiata che porta alla sua casa spirituale – un mondo di intimità e comunicazione con Dio.

Ho trascorso infanzia e gioventù a Nitra, sulla montagnetta del Calvario, vicino alla chiesa dell’Assunzione della Vergine Maria. Se volessi descrivere con poche parole la crescita della mia fede, devo dire che è stato grazie alla famiglia e all’ambiente circostante, nonostante la persecuzione della religione, dei sacerdoti e dei fedeli da parte del regime comunista. Io ho vissuto la mia fede con gioia. In primo luogo si viveva intensamente l’anno liturgico. Durante l’Avvento si pregava e cantava davanti alla corona dell’Avvento e si segnavano tutte le buone azioni che facevamo. Dal Giovedì Santo fino alla Domenica di Pasqua le radio erano coperte da un panno nero. Il Venerdì Santo alle tre del pomeriggio, l’ora della morte di Cristo, a casa ci inginocchiavamo tutti davanti alla croce. Sul Calvario di Nitra si celebravano in maniera particolare le festività mariane. L’acme di ogni anno era il pellegrinaggio del 15 agosto, con tutta la profondità ma anche l’allegria che la religiosità popolare porta con sé. In famiglia ci venivano spesso e volentieri a visitare sacerdoti, suore e diverse altre persone devote. La devozione e la vita pia erano parte integrante e naturale della nostra esistenza, con determinate regole, ma senza coercizioni o pressioni – spesso accompagnandosi di un sorridente distacco da tutto ciò che non era veritiero.

Tutto ciò avveniva in un ambiente e in un’atmosfera in cui si imprigionavano in continuazione preti e suore, con un andirivieni di catture e rilasci, interrogatori e sopralluoghi a non finire. Questa esperienza mi ha fatto capire fin da piccolo che il comunismo se la prende con Dio e perseguita i fedeli e le altre persone oneste – è dunque un male cui non si può credere in alcuna maniera.

La preghiera a Dio, alla Madonna e all’Angelo Custode diventava pian piano parte integrante della mia esistenza. Non sono mai stato capace di accogliere una vita fatta di prescrizione di preghiera. Pregavamo con regolarità solo la mattina e la sera; per il resto la preghiera era una componente e anche una necessità della vita. Immancabili erano il rosario ed altre belle preghiere della Chiesa; ma fondamentale era la progressiva scoperta della presenza di Dio, della Madonna e dell’Angelo Custode – qualcosa che in seguito mi ha sempre donato pace e gioia. Non ricordo di aver avuto in gioventù alcun tipo di crisi della fede. Una volta, da adolescente, mi rivolsi a mia madre riferendole di alcuni miei dubbi razionali sulla fede. Se ricordo bene però bastò una sola frase da parte sua per far scomparire ogni mia esitazione. La naturale autorità dei genitori o comunque delle persone vicine è un aiuto insostituibile per il nostro cammino di crescita.

Nel 1966 sono approdato a Bratislava per studiare la matematica e la fisica. Da allora fino alla caduta del comunismo nel 1989 mi sono mosso negli ambienti della Chiesa clandestina. Pian piano ho avuto la possibilità di avvicinarmi a personaggi del calibro del vescovo Ján Chryzostom Korec, Vladimír Jukl, Silvester Krčméry, numerosi sacerdoti segreti, specie gesuiti ma anche altri. Erano gli anni della lotta per la libertà della Chiesa, per la diffusione della fede, specie tra i giovani, per la libertà d’informazione, ecc. L’ambiente era dunque ideale per crescere nella fede e rendere più profonda la mia vita spirituale. Mancava però del tutto quell’atmosfera di armonia che invece aveva caratterizzato la primissima fase della mia esistenza.

Erano gli anni di un pieno impegno e coinvolgimento sincero, spesso con bei risultati, ma erano anche anni in cui ci ponevamo molte domande.

Ho collaborato con l’istituto laico Fatima e sono stato assai vicino al suo fondatore Vladimír Jukl. Ricordo che di tanto in tanto mi rammentava che avrei dovuto prendere una decisione: consacrare pienamente la mia vita a Dio e confermarlo con dei voti oppure cercare altre strade. Tentennavo. E il vescovo Korec mi aiutò non poco in quei momenti di esitazione. Ricordo però anche la sua frase: “Dovresti essere già oltre.”

Questa frase saggia, o meglio questo interrogativo mi ha poi accompagnato tutta la vita. Cosa significa “essere oltre”? Significa possedere più conoscenze, essere disciplinato interiormente, avere un proprio obiettivo e perseguirlo? Queste persone lasciano qualcosa dietro di sé, sono apprezzate dagli altri e riflettono una concentrazione interiore. Il problema basilare che io sentivo dentro di me era la ricerca interiore, la ricerca di me stesso e l’identificazione con me stesso. In tutto ciò sentivo intuitivamente che mi trovavo di fronte ad un punto di partenza comune a tutto ciò che è umano e cristiano.

Quando uno trova questa strada, non è detto che debba avere successo, ma può essere felice ed appagato. È la pace delle nostre nonne che da bambini ammiravamo.

Io ci ho messo tempo a trovare una strada che conducesse verso me stesso. Le persone che ho menzionato erano indulgenti nei miei confronti, pazienti e affabili. Mi hanno dato la libertà. I padri del deserto dicono che il frutto di questa via è la pace e una gioia silenziosa nell’anima. Lungo questo cammino ci si sente raramente sicuri e protetti. Oggi mi rendo conto che nell’avvicinamento a me stesso mi sono trovato diverse volte ad inciampare. Ovviamente non è una scusa per giustificare gli errori. Gli errori alla fine mi hanno però liberato dalla falsa idea di me stesso. Proprio in questa ricerca ho sempre saputo e so ancora pregare al massimo. Se un giorno incontrerò il Signore faccia a faccia, ci sarà solo e soltanto il mio volto puro, e non una maschera che in vita capita di portare. In gioventù e durante il periodo della lotta per la libertà e per l’apertura della vita della Chiesa la fede in Dio e la fede nella Chiesa per me erano la stessa cosa.

Dopo il novembre 1989 arrivò la libertà. Non v’era più bisogno di difendere la libertà di religione e della Chiesa. Finii in politica e ci sono rimasto per ben vent’anni. L’operato nella comunità Fatima mi ha segnato per sempre. Uno dei suoi pilastri spirituali era il suo stesso definirsi “comunità di servizi reali”. Fare ciò di cui v’era bisogno e diventare inutili.

È così che ci siamo impegnati anche nella politica. Fin dai primi anni di libertà abbiamo voluto ancorare la relazione di tutte le chiese nella società slovacca. Una sorta di rinnovata lotta per la posizione della Chiesa nella società.

Come ho già accennato, da bambino, da giovane ed anche durante il comunismo il mio ambiente spirituale (anzi il nostro) era rappresentato dalla Chiesa. Ero completamente ancorato ad essa e per me essa costituiva una gioia e una speranza di cui non si discuteva. Venne la libertà e io ebbi la possibilità di vivere ed osservare la vita della Chiesa anche da un altro punto di vista. Ho detto che in vita mia non ho mai vissuto alcuna crisi di fede; e questo riguarda ovviamente anche la Chiesa. Era quest’ultima infatti che mi dava la fede e io vivevo in essa. Quando arrivò la libertà, mi sono accorto che molte cose nella Chiesa erano opera di persone e che dunque presentavano anche qualche errore. Fu una nuova esperienza per me e dovetti trovare un modo per accettarla. Secondo l’educazione che avevo ricevuto il cattolicesimo era il cammino di fede più giusto che vi potesse essere.

C’è voluto Papa Francesco (con i suoi appelli sull’importanza di testimoniare della propria fede e lasciar tutto il resto a Dio) a farmi smettere di distinguere tra cattolici e non cattolici.

In ogni modo resto ben legato, anzi ancorato, alla Chiesa cattolica. Al tempo stesso vivo con stupore e grandi attese quest’epoca in cui la Chiesa è chiamata ad una grande trasformazione. La ricerca e la discussione interna cui oggi assistiamo nella Chiesa sono anche la mia discussione e la mia ricerca. Sono tutte esperienze nuove che ci sono state portate dalla libertà. Ho scoperto che la libertà è il dono più grande che l’uomo possa aver ricevuto da Dio. Nella libertà infatti l’uomo ha la possibilità di conoscere in profondità e vivere personalmente le proprie esperienze e la propria ricerca, anche confrontandosi con esse.

La mia vita nella fede e nella Chiesa è stata sempre accompagnata dalla gioia. Proprio la libertà mi offre la possibilità di comprendere meglio questa gioia. Cerco sempre di studiare qualcosa, confrontarmi con gli amici, seguire ciò che accade nel mondo; ovviamente mi occupo anche delle faccende quotidiane e di quello che la vita ci pone davanti. Ormai non ho il tempo di ristudiarmi bene ciò che ho trascurato; ci sono tante cose che ormai non capisco nella loro interezza, ma trovo pace e sicurezza nella preghiera.

E così la mia storia di fede, iniziata da bambino e proseguita in gioventù, durante il comunismo, grazie alla libertà assomiglia in un certo senso a quelle storie di conversione – cui ho accennato all’inizio. Non è un fatto ovvio, ma qualcosa che richiede una risposta ad avvenimenti con cui mi sono imbattuto e continuo ad imbattermi. Ho tentato di scrivere due righe sulla mia storia di fede e sul mio rapporto con Dio. Ovviamente so bene che abbiamo con noi sempre le parole di Cristo sul secondo comandamento più importante: “Ama il prossimo tuo come te stesso!” (Mt 22,39) – ovvero il punto di partenza della vita cristiana, della ricerca e della conoscenza di Dio.

Ho già detto che avrei narrato la mia storia di fede con gli occhi di un quasi settantenne. A quest’ottica oggi si ricollega un’ulteriore sensazione, che ormai è già parte integrante del mio rapporto con il Signore Dio.

È una sensazione di gratitudine, per la famiglia, gli amici, i sacerdoti che ho incontrato durante la mia vita, per la salute, per mia moglie e per molte altre cose.

La mia fede si è formata all’interno di me, ma non è stato un racconto di un eremita dal deserto. È stato sempre parte integrante delle persone e degli eventi che mi hanno accompagnato. E il racconto non è ancora terminato. Ecco perché non mi resta null’altro che pregare Dio affinché mi aiuti nel tempo che ho ancora davanti.


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